DESCRIZIONE DELL’OPERA:
La tavola ricalca il modulo iconografico della dormizione della Beata Vergine Maria, così com’è stato codificato, sin dai primordi e si è diffuso in Oriente: la terra gremita di apostoli e discepoli del Signore attorno al corpo esanime della Vergine; gli apostoli che fanno corona al “talamo nuziale” imbandito dal corpo della Vergine: altare e tabernacolo nel quale si attua l’incontro del celeste con il terrestre. L’orizzontalità del corpo di Maria svela un’esistenza corporea giunta al termine che lascia serenamente il posto alla verticalità dell’anima bambina ormai in procinto dell’ascesa.
Il tutto ha un sentore di predizione, di profezia, di disegno divino al quale il destino soprannaturale di Maria da compimento. Il centro dell’icona non è la Madre di Dio ma il Cristo. La composizione ha due tempi con due movimenti contrapposti: dall’alto verso il basso in una convergenza centripeta.
L’altro movimento è verticale dal basso verso l’alto. Dal corpo disteso della Vergine parte un moto ascendente che passando attraverso il Cristo culmina nel clipeo che contiene la Vergine Assunta portata dagli angeli nell’alto dei cieli. I due personaggi principali, Cristo e Maria, sviluppano, due linee opposte: una verticale ed una orizzontale. La verticale segna il centro esatto dell’icona. È la linea che indica la benevolenza e l’amicizia del Signore per gli uomini. Questa linea, infatti, vuole incontrare l’altra, quella orizzontale. La direttrice orizzontale non a caso è posta nella seconda metà inferiore dell’icona. Essa ha come soggetto il corpo della Vergine, simbolo dell’umanità, della terra fertile pronta a ricevere il seme. L’incontro delle due linee è vita, ed è la redenzione di tutta la creazione e di tutto ciò che è sulla terra, visibile e invisibile. Gesù col corpo in atipica torsione a destra, verso la testa di Sua Madre, prende tra le braccia l’anima non disincarnata di Maria e la sorregge, portando a compimento la Sua nascita nel Regno. Il passaggio da questa vita all’altra si effettua quindi per mezzo del Cristo. La sua presenza per Maria è l’ “éschaton”, la seconda venuta di Cristo nella gloria, che anticipa la perfezione del creato. Quello della Vergine Madre è un volto che trasfonde serenità paradisiaca, Lei che aveva concepito il Paradiso, ora viene accolta da quel Verbo che la trasferisce nel Regno della Luce. La tensione del corpo in posizione supina, il viso disteso lascia tralucere un sereno sonno che è bellezza e sazietà di grazia che la introduce nella
mistica pace di quel Regno nel quale ogni lacrima è tersa, ogni affanno giunge a termine (cf Ap 21…). Una corona di angeli, nel rosone centrale, delimita il confine tra la terra e il cielo; la profondità non è narrata, ma intuita dentro la solare luminosità dei colori delle gerarchie celesti che numerose accorrono per presenziare al mistico evento. Si congiunge così, la Chiesa celeste con la Chiesa terrestre e di questo incontro Maria è crocevia, chicco maturo germinato sulla terra, icona teandrica del convergere dell’umano con il divino, altare imbandito delle meraviglie di Dio, giardino fertile di carità, terra arata e fecondata dallo Spirito. L’icona della Dormizione non fa eccezione, anche qui, i colori delle vesti della Téotokos sono il blu – verde della tunica ed il rosso cinabro del mantello ( maforion) a significare: Colei che è creatura umana è stata rivestita e preservata dalla Grazia. Paradossalmente, è come se il corpo di Maria scomparisse sotto gli abiti che non drappeggiano più il corpo ma l’anima, le pieghe del maforion non esprimono più il movimento fisico, ma il ritmo e la tensione spirituale di tutto il suo essere in Dio. Il ricco drappeggio con motivo semicircolare, sul seno verginale è un chiaro riferimento all’incarnazione, le mani incrociate sul petto il segno della sua disponibilità a collaborare con l’attrattiva divina. L’iscrizione che troviamo in prossimità del nimbo è costituita da due monogrammi “MP – OV”, abbreviazione di Mater Theon cioè, Madre di Dio, che costituisce una variante del titolo “Theotokos” definito quest’ultimo, nel terzo Concilio ecumenico di Efeso del 431. Ieratica e maestosa si staglia, in posizione centrale, la figura di Cristo. Tale presenza costituisce il motivo iconografico più sorprendente e dogmaticamente più profondo, infatti, la circostanza che nella scena centrale non vi è la Madre di Dio che sale al cielo, come avviene nelle rappresentazioni artistiche dell’Occidente, non è
accidentale. Al contrario, in tutte le icone della Dormitio vi è sempre il Cristo che scende sulla terra,
accompagnato dalla coorte celeste che anticipa la gloria che gli compete alla fine dei secoli, per accogliere la Madre amata. Il piano verticale della parte terrestre è dunque, dominato dalla figura del Cristo che solenne occupa il centro dell’icona. Circonfuso dalla gloria angelica, che irrompe nella temporalità dello spazio, Egli tiene in mano l’anima della Madre rappresentata come un infante avvolta in bianche fasce. Il Cristo indossa le vesti del Risorto – glorificato, il richiamo alla Risurrezione vuole indicare che la dormizione di Maria è prolessi del dono che promana dal Risorto, il candore delle bende nelle quali la bambina è avvolta non solo richiamano al candore dell’anima pura di Maria, preservata da ogni colpa di peccato, ma pure al sepolcro vuoto di Cristo.
Ma il sembiante infantile dell’anima intende richiamare a una grande verità: lo spirito ( l’anima) in quanto tale non soggiace agli effetti del tempo, si potrebbe dire che lo spirito rimane sempre bambino non è soggetto alla caducità del divenire. Maria è vegliata dagli Apostoli, distinti in due gruppi di sei. Il suo corpo è come una grande nave: la nave attraverso la quale la salvezza è arrivata nel mondo ed è ancora, per poco, ancorata nel porto dell’empireo; Pietro e Paolo stanno alle due estremità come nocchieri ed araldi. Come due colonne, uno a sinistra e l’altro a destra del catafalco: Pietro si asciuga le lacrime con la mano sinistra e incensa il corpo di Maria con la destra; Paolo in atteggiamento di totale prosckinesis, attribuisce alla Madre di Dio, il reverenziale tributo che conviene alla Santissima. La tradizione vuole la presenza di Dionigi l’Areopagita, Ieroteo e Timoteo con in mano i vangeli. In alcune versioni dell’icona appaiono anche delle donne in atto di piangere. L’espressione degli apostoli e dei vescovi è di grande dolore, ma al contempo anche di grande compostezza e di gioia. La tradizione vuole la presenza di Dionigi l’Areopagita e Timoteo con in mano i vangeli. I corpi dei Dodici si stagliano plasticamente su un fondo di paesaggio che fa da cornice a tutta la scena. L’armonia delle tonalità cromatiche delle vesti, materializzano la corposità e la volumetria delle figure, animate e coinvolte in un dinamico e sconquassante trambusto. Sottili filamenti d’oro, animano i capelli e le barbe dei personaggi, mentre l’incarnato e solcato da refi di luce che serpeggiano sui volti e sugli arti, accentuando i tratti somatici degli astanti. In basso, ai piedi dal catafalco su cui è deposta Maria la presenza di un personaggio misterioso. San Giovanni Damasceno nella sua seconda orazione, parla di un certo Iefonia, un profanatore ebreo che voleva far cadere per terra quel divinissimo tabernacolo afferrandone il giaciglio con violenza; ma nell’istante in cui lo sciagurato voleva mettere in pratica il suo piano, entrambe le mani gli caddero a terra mozzate di netto! Solo dopo aver compreso il suo errore ed esser giunto ad un completo pentimento – racconta San Giovanni – accostatosi al corpo della Vergine, i moncherini si riattaccarono alle avambraccia di Iefonia, facendo sì che questi ritornasse
sano. San Giovanni Damasceno riferiva di questo episodio degli “apocrifi” per significare che Maria non può essere toccata né dal male né dall’odio: Ella è interamente consacrata a Dio che la custodisce gelosamente come ha custodito l’arca dell’alleanza da ogni profanazione (vedi II Sam. 6,6.7).
PROFILO:
Giuseppe Tuzzolino nasce nel 1960 a Villabate in provincia di Palermo, attualmente è residente con la sua famiglia in Misilmeri, svolge la professione di Comandante della Polizia Municipale di Villabate. La parrocchia San Giuseppe a Villabate lo avvia al gusto e all’interesse per gli studi teologici ai quali viene iniziato con la frequenza dell’Istituto Superiore di Scienze Religiose presso la Facoltà Teologica di Sicilia. E’ qui che nel ’91 consegue il titolo di Magistero che lo abilita all’insegnamento nell’ambito della Scuola di Teologia di Base dell’Arcidiocesi di Palermo della quale è docente stabile e coordinatore di vicariato e responsabile di centri. La sua carriera artistica parte da molto lontano, dipinge da sempre, nel tempo, ha fuso insieme due amori: la teologia e la pittura. Parola e segno nelle sue opere si intrecciano in un unico respiro, come due polmoni dello stesso torace, due valvole dello stesso cuore, due pupille dello stesso sguardo. Da qui una pittura e un pensiero vivido sul piano teologico e inquieto in quello estetico, in ogni caso emblematici e problematici del nostro oggi. Dopo tante mostre su diversi temi nella provincia di Palermo, nel 2000 la sua prima rassegna tematica sui racconti genesiaci della creazione dal titolo: Vestigia Lucis, che troverà accoglienza nella Chiesa Cattedrale di Palermo, a Gibilmanna in occasione del giubileo della diocesi Cefaludense, nei comuni di Santa Flavia, Caltavuturo, Palermo, Villabate. Nel 2003 la rassegna pittorica “Il ciclo del pane” itinerario estetico meditativo sulla Eucaristia. La mostra itinerante è stata ospitata dal Comune di Cefalù presso l’ottagono S. Caterina, a Trapani presso i locali del seminario Vescovile, a Palermo, in molte parrocchie dell’Arcidiocesi, gli impegni continueranno fino al 2005. I due cicli pittorici sono corredati dalla pubblicazione di relativi cataloghi che descrivono non soltanto l’itinerario artistico, ma teologico/spirituale delle opere. A maggio del 2007 presso la prestigiosa sede del complesso monumentale Guglielmo II della città di Monreale ha presentato la mostra personale dal titolo “Percorsi Teofanici: L’acqua e il Fuoco, percorso estetico meditativo sulle teofanie dell’A.T. e N.T.. Tuzzolino, parimenti, in questi anni ha coltivato un vivo interesse per la iconografia bizantina. Per la Scuola Teologica di Base ha scritto l’icona di San Luca divenuta il suo logo ufficiale ed ha curato le copertine della trilogia dei testi in uso presso la scuola nelle quali sono raffigurate sue icone. Collabora con la risvista della Scuola Teologica di Base Theofilos di cui è coordinatore. Nel 2002 ha lavorato su una grande icona della Trasfigurazione, la prima grande opera del ciclo cristologico estetico – teologico, del percorso iconografico sulla parete nord dell’aula di culto della parrocchia San Giuseppe di Villabate, il cui percorso lo ha impegnato per circa dodici anni, in un itinerario così cadenzato: nel 2005, la scrittura della grande icona canonica della Natività; nel 2006 scrive l’icona del sogno di San Giuseppe; nel 2007 l’icona dell’Anastasis e della crocifissione, nel 2010 il polittico della predicazione del Regno; nel 2012 l’icona dell’Ascensione; nel 2012 l’icona della Pentecoste; nel 2013 il polittico del sacrificio di Isacco e di altri scritture dell’A.T.. Nel 2014 ha scritto l’Annunciazione. Nel 2011 ha scritto per la comunità parrocchiale di Valdesi Mondello l’icona ecumenica della dormizione e della glorificazione della Beata Vergine Maria, Sue opere si trovano, ancora, a Londra, Cefalù, al Palazzo Arcivescovile di Palermo, al Santuario di Gibilmanna, nell’aula magna della biblioteca comunale di Villabate, nella chiesa di San Giuseppe, del Sacro Cuore, sant’Agata in Villabate, al museo del seminario di Trapani e in diverse collezioni private. Continua a dipingere compatibilmente con i gravosi e comprensibili impegni professionali.